Tokyo2020: 5 Storie In Cui Lo Spirito Olimpico Ha Preso Vita

L’Olimpismo ha come obiettivo quello di creare uno stile di vita basato sulla gioia dello sforzo, sul valore educativo del buon esempio e sul rispetto dei principi etici fondamentali universali. Lo sport è al servizio dello sviluppo dell’individuo, favorisce l’avvento di una società pacifica, impegnata a difendere la dignità umana. Il Movimento Olimpico ha come scopo quello di contribuire alla costruzione di un mondo migliore e più pacifico per mezzo dello sport, praticato senza discriminazioni, che esige mutua comprensione, spirito di amicizia, solidarietà e fair-play. Questo è quanto ci ricorda la Carta Olimpica ma è durante le competizioni che la sportività, il rispetto per l’avversario e lo spirito olimpico possono diventare concreti grazie a tanti atleti valorosi. Ecco alcuni momenti tratti dai Giochi Olimpici di Tokyo2020 che resteranno impressi nella storia.

 

La sportività annulla la sconfitta

 

Nella semifinale degli 800 metri maschile, Nijel Amos (Botswana) e Isaiah Jewett (Usa) inciampano e cadono insieme. Ma invece di prendersela l’uno con l’altro si aiutano a vicenda a rialzarsi e camminano insieme verso il traguardo.

Condividere l’oro vale come vincerne due

 

Un momento memorabile non solo per gli italiani, quello in cui Gianmarco Tamberi e Mutaz Barshim decidono senza esitazioni di dividere la medaglia d’oro. Anzi, di “condividere” invece di andare oltre con la gara e di saltare ancora finché soltanto uno sarebbe stato proclamato vincitore. “Can we have two golds?”, chiede Barshim al commissario di gara. I due si abbracciano, scatta l’esultanza. Il resto è storia. Vederli insieme sul gradino più alto del podio, loro due, amici anche fuori dalla pista con in comune il dolore per un infortunio del tutto simile, è un momento unico ed un insegnamento profondo su cosa significhi essere uomini di sport.

 

Donne, sport e gender equality

 

Molti atleti hanno portato ai Giochi Olimpici le proprie battaglie, consapevoli della potenza mediatica dell’evento. Il team norvegese femminile di pallamano è sceso in campo con pantaloncini e magliette decisamente più coprenti della divisa tradizionale prevista dalla Federazione. Non una protesta, ma un gesto che ha voluto invitare alla riflessione sul sessismo nello sport (e non solo). Per loro è arrivata una sanzione ma anche l’approvazione di tanti atleti e persone in tutto il mondo. Anche le ginnaste tedesche hanno deciso di dare risalto all’argomento, presentandosi non con il classico body ma con una tuta coprente. Le ginnaste dalla squadra di ritmica dell’Azerbaigian si sono invece presentate indossando un body nero: un pugno allo stomaco per ricordarci che in molti Paesi del mondo c’è ancora la guerra.
Un’altra donna, Allyson Felix, l’atleta olimpica più medagliata di sempre nelle discipline su pista dell’atletica, a 35 anni è arrivata in Giappone per la sua quinta partecipazioni ai Giochi. Dopo l’arrivo della figlia nel 2018 ha avuto il coraggio di raccontare la sua vicenda: incinta, si è vista ridurre i compensi dallo sponsor Nike e ha interrotto quindi il rapporto con l’azienda, che ha poi introdotto una nuova policy per tutelare le donne incinte durante la gravidanza e dopo il parto.
Il Comitato Olimpico ha definito quelli di Tokyo2020 i giochi più “gender balanced” di sempre, cioè i più rispettosi della parità di genere. In realtà, se andiamo oltre i numeri che mostrano un sostanziale equilibrio di presenze tra uomini e donne, per le donne la strada è ancora lunga, in particolare se consideriamo la questione della loro presenza ai vertici delle società e degli organismi sportivi. Pare anche che i Giochi di Tokyo siano stati anche quelli in cui si registrano più atleti dichiaratamente LGBTQ, almeno 141, che non hanno esitato a portare il proprio messaggio: lottare contro le discriminazioni e incoraggiare aperture nei Paesi del mondo ancora intolleranti.

 

Lontano, oltre i propri limiti

 

Lotte Miller ha terminato il triathlon al 24esimo posto, in una gara in cui tantissime atlete si sono ritirate, e si siede a terra per riprendersi dalla fatica della gara. Ad un certo punto vede arrivare la belga Claire Michel, l’ultima a concludere in preda ai crampi, che poi crolla sfinita. “You’re a fuc**** fighter”, le ricorda per consolarla e ricaricarla. Anche chi non vince può compiere un’impresa incredibile arrivando a tagliare un traguardo e vincendo contro se stesso e i propri limiti. Chi non si arrende incarna perfettamente lo spirito olimpico.

 

Il rispetto per gli avversari

 

Una prova di grandissima sportività e rispetto arriva da un altro italiano. Massimo Stano, al termine della 20 km di marcia, taglia il traguardo, esulta e poi si volta. Il pensiero va agli avversari, che attende e poi saluta con un inchino per rendere loro onore. Ogni commento sarebbe superfluo. Chapeau!

 

 

Anna Tita Gallo