Roberto Bressan avverte subito: “La mia storia è bella, molto bella”. E non si può far altro che restare ad ascoltare quello che ha da dire. Perché la sua vita è tutto un messaggio di solidarietà, di amore e amicizia vissuti attraverso la passione per lo sport, che lo accompagna da sempre e che, ancora oggi, che di anni ne ha 27, riesce a colorargli la voce di piene emozioni.
“Sono cresciuto in un oratorio e fino all’anno scorso giocavo nella Polisportiva Santa Giulia. Il 17 maggio del 2011 – dice Roberto – ho iniziato a riscrivere la mia storia. Appunto su un quaderno tutte le mie partite, le mie vittorie e le mie sconfitte, le parate e le papere, e i trofei vinti. Non avrei mai pensato che, da quel giorno a oggi, sarei riuscito a giocare tutte queste gare, vincendo 42 trofei individuali e di squadra. L’anno scorso, la svolta, dato che sono venuto a contatto con la realtà degli Insuperabili (scuola calcio per ragazzi e ragazze con disabilità, ndr)”.
Il calcio riempie la sua vita più che mai, in un quotidiano fatto di passione incondizionata. Ma l’inizio di questa storia è stato molto meno piacevole di quello che si pensi.
BULLISMO
“Sono stato vittima di bullismo per due volte. La prima, all’età di 10 anni, in un parco. Alcuni ragazzi più grandi di me, che giocavano come me in porta già da alcuni anni, hanno iniziato a insultarmi, dandomi dell’handicappato. Mi dissero che non sarei mai arrivato da nessuna parte. Ho tenuto dentro di me questa storia per 17 anni. Ripeto, 17 anni. Non ho mai detto a nessuno della mia rabbia. Poi, a un certo punto, sono riuscito a tirarla fuori.
AMICIZIA
Tutto questo grazie a Christian Moretto, il mio migliore amico, che gioca con me negli Insuperabili. Mi ha dimostrato di essere come un fratello per me”. Un’amicizia nata fin da subito, ma che nell’aprile del 2018 ha vissuto un qualcosa simile a un’esplosione:
“Pochi giorni prima avevo subito una lesione muscolare, ed ero dunque costretto ad assistere a quella partita in tribuna. Eravamo a Genova, e stavamo disputando un importante torneo. Dopo nemmeno 10′, Christian ha avuto una forte crisi in campo, iniziando a piangere con veemenza. Gli allenatori, non sapendo come prenderlo, gli hanno chiesto il perché di quel gesto, e lui rispose: ‘Perché mi manca Robi in porta’. Da quel giorno, ho capito ancor di più di avere un amico vero, un fratello”.
Da buon juventino, Roberto fa un paragone illustre per descrivere il rapporto che ha con Christian: “Quando lo abbraccio – dice -, sento che noi due siamo un po’ com’erano Buffon e Dybala alla Juventus. Io, infatti, sono capitano e portiere come Gigi, Christian attaccante e mancino coma Paulo. Ci abbracciamo allo stesso modo. Senza di me, lui si sente perso. Abbiamo un legame molto forte. E’ grazie a lui che che ho raccontato a tutti la mia storia e il mio passato, venuti fuori dopo 17 anni. Gli sono sempre stato vicino, soprattutto ora che è lui a essere infortunato. Ma con tutti i miei amici degli Insuperabili c’è un rapporto fatto di affetto e di amore, sappiamo gustarci le cose belle dello sport”.
INSUPERABILI
Un legame, quello con Christian, segnato da un’intesa nata fin da subito: “Lui è di qualche anno più giovane di me e all’inizio si sentiva a disagio in prima squadra, dato che aveva costruito un bel rapporto con tutti i suoi compagni della Primavera. Ben presto, però, per lui sono diventato un punto di riferimento. Ora, guai a chi me lo tocca. Anche la sua famiglia mi ha accolto nel modo migliore, mi trattano come uno di loro”.
Tanta amicizia, ma anche tanti progetti con la maglia degli Insuperabili: “Giocheremo nel campionato di quarta categoria e per noi è un evento prestigioso. Siamo stati a Roma, per rappresentare gli Insuperabili nella presentazione del campionato. E anche a Coverciano per un torneo. Noi degli Insuperabili siamo fratelli”.
E allora sì, possiamo dirlo: quella di Roberto Bressan è una gran bella storia. Che si erge fra gli angoli dello sport, e che ci dà la sua essenza più bella.
Marco Macca