#PGSSI: Con Il Calcio Sociale Ad Empoli Si Insegna Il Rispetto

Cos’è il calcio? Di fronte ad esperienze come quella del Centro Accoglienza di Empoli la domanda non è affatto scontata. Qui la Cooperativa sociale Il Piccolo Principe gestisce un progetto socio-educativo che trasforma i campi in scuole di vita

Nel calcio sociale le regole sono diverse da quelle del calcio a cui siamo abituati. Non esiste un arbitro a fischiare un fallo o un rigore, si procede per “ammissione di responsabilità”, affidandosi cioè alla coscienza dei giocatori in campo.
Un educatore e un capitano supportano le due squadre ma la tattica viene spiegata per ultima; prima di tutto contano gli aspetti relazionali e l’interazione tra individui (non avversari, sia chiaro).

Un giocatore non può segnare più di tre reti a partita. Dimentichiamoci i “fenomeni”, lo scopo è quello di divertirsi… e, se tutti devono divertirsi, l’obiettivo è allora quello di mettere in condizioni di segnare chi non lo fa abitualmente. Ecco perché il rigore viene battuto dal giocatore meno prestante, il “più scarso”, come diremmo di solito. Se un giocatore sbaglia si va tutti a rincuorarlo, senza delusione!
Non importa chi vince quindi tutti possono giocare insieme, indipendentemente dalle capacità. L’entusiasmo sarà sufficiente ad essere buoni giocatori. Giocano insieme maschi e femmine, dagli 11 ai 90 anni.

Il calcio sociale non nasce per attirare più persone possibili attorno ad un pallone, né per promuovere l’attività fisica fine a se stessa. L’intento è quello di integrare, di coinvolgere in primis la fascia d’età preadolescente e adolescente più in difficoltà relazionale e con disagio giovani con lievi disabilità.

Dimentichiamoci anche quelle odiose “selezioni” in cui alla fine il meno forte finiva in porta e subiva il fastidio di essere scelto per ultimo – per esclusione – dai compagni di squadra… nel calcio sociale tutti devono giocare e rispettarsi. Se ci sono più di otto giocatori per squadra si forma un altro campo o si gioca con un uomo/donna in più.

Il calcio sociale è una grande metafora della società che vorremmo, in cui tutti hanno l’opportunità di mettersi in gioco, in cui non esistono distinzioni d’età, di genere chi presenta disabilità fisiche o psichiche viene perfettamente integrato e si sente a proprio agio.

Allo stesso tempo, il campo diventa il luogo in cui si gettano le basi per promuovere i valori dell’accoglienza, del rispetto delle diversità, la corretta crescita della persona e un sano rapporto con la società.

Ad Empoli il calcio sociale nasce nel 2014 nella frazione di Avane, all’interno del progetto del Centro Giovani Avane, ma la sua storia è molto più lunga. L’idea nasce nel 2005 a Corviale, nella periferia di Roma, poi negli anni si è diffusa a Scampia, Genova, Montevarchi, Cagliari, Carsoli, Torino, Palermo… e ha così preso vita la Rete del Calcio Sociale Italiana.

 

Ad Empoli, intanto, si guarda già oltre e al calcio sociale si è aggiunta la pallavolo inclusiva, sempre presso il Centro Giovani Avane. Anche in questo caso si tratta di un progetto socio-educativo e l’idea ricalca quella del calcio sociale già sperimentato con successo. Lo sport diventa veicolo di inclusione e formazione. Il gruppo diventa via via sempre più nutrito e impara a darsi regole per valorizzare le differenze e creare un contesto che faciliti le relazioni.

Juri Stabile, coordinatore del Centro Giovani Avane, ci ha raccontato così le attività ad Empoli, entrate ora ufficialmente nel progetto PGS S.I.: “Dopo 8 anni con il calcio sociale riusciamo a coinvolgere oltre 60 ragazzi, sono numeri che ci danno molta soddisfazione, anche considerando che il nostro obiettivo è quello di creare aggregazione in un quartiere in cui potrebbero cadere in situazioni difficili; al contrario, noi con loro tentiamo di creare un percorso. La pallavolo è nata perché ci sembrava mancasse ancora qualcosa da offrire loro. Al momento riescono tutti a condividere lo stesso spazio e a convivere senza problemi. Sta funzionando. Da parte nostra lavoriamo sodo, non abbiamo il tempo di fermarci mai ma siamo entusiasti. Quello dell’educatore non è soltanto un lavoro, è una missione, è far cambiare lo sguardo di chi incontri”.

 

I risultati a fine partita? Non importano a nessuno…

 

Anna Tita Gallo