Alleducatori: La Forza Di Mettersi In Discussione

Nello sport si parla dell’allenatore quale regista ed attore principale di tutta una azione che giunge poi a noi in modo concreto e visibile, nel momento conclusivo di un campionato, di una manifestazione.
Coniugato dalle Pgs, il termine si connota di significati che vanno ben oltre il tecnicismo, all’empatia legata soprattutto alla dimensione funzionale rispetto alla massima prestazione che l’atleta deve avere. Sull’argomento si è discusso approfonditamente in un seminario con Valerio Bianchini, coach che ha scritto importanti pagine di storia del basket italiano e persona di levatura morale eccellente.

COACH BIANCHINI

Attraverso la sua testimonianza l’auditorio Pgs ha potuto riaffermare come la prospettiva di far diventare l’atleta, un uomo, lo ponga immediatamente a svolgere un ruolo che diventa un tassello fondamentale nelle dinamiche sociali nella direzione della promozione della persona, inserita in un contesto di valori, rispetto delle regole, solidarietà, inclusione. E questo nel constante lavoro su se stessi, nell’essere accompagnati da punti di riferimento che diventano significativi. Lo stesso Bianchini ha evidenziato: “La vittoria è la conseguenza dell’eccellenza dell’allenamento quotidiano: se lavori bene poi puoi anche perdere tre finali, la quarta la vinci”.
Costruiamo uno sport al quale ognuno ha la possibilità di accesso: capace di aumentare il potenziale di crescita dei giovani; di promuove la creazione di stili di vita sani e accogliere quei bambini e giovani che sono a rischio. Insomma uno sport lontano dall’elitarismo.

LO STILE

Alleducatore è la sintesi che rende in modo efficace il concetto di una relazione inscindibile. Si sceglie di diventarlo perché si è respirato un clima, un ambiente educativo, e ci si è appassionati. Si è vissuta quella dinamica educativa tipicamente salesiana: il rapporto interpersonale ed il rispetto reciproco, che favorisce l’incontro tra il giovane e l’adulto, più spontaneo rispetto ad altri momenti educativi, come l’aula o il laboratorio. E come ci ha insegnato don Bosco: nell’amare ciò che i giovani amano; nel cercare nei ragazzi “quel punto accessibile al bene” sul quale far leva per tirare fuori il meglio da ciascuno.
Con il sistema educativo cardine della tradizione salesiana quale “ragione”, “religione” “amorevolezza”, tradotto in azione concreta, si ha la consapevolezza di dover avere a cuore la crescita “integrale” del giovane in modo equilibrato. Ma per un fine ben preciso: far sì che ognuno possa davvero scoprire la propria vocazione cioè la realizzazione di ciò che davvero si è, in questo mondo in cui siamo chiamati ad essere “missione”.

IRRIGARE DESERTI

Una grande sfida, in un mondo che ci mette di fronte a proposte ben diverse da quelle che vorremmo fossero radicate nelle nostre scelte. L’essere figli di un grande sognatore quale don Bosco, ci dona uno slancio ed una propensione all’ottimismo tali da volere e potere accogliere “l’oggi” con creatività e passione educativa. In molti di noi c’è un contagioso sentimento di riconoscenza, che ci porta a donare per “restituire” il bene ricevuto.
Credo che il cammino sia quello giusto perché ci spinge ad essere sempre in movimento ed a non pensare mai di avere finalmente un definitivo “prontuario dell’allenatore”, ma piuttosto a metterci sempre in discussione nell’ottica della ricerca.
Mi piace l’immagine espressa dallo scrittore Lewis: “Il compito del moderno educatore non è di disboscare giungle, ma di irrigare deserti”. Le Pgs hanno sempre sete di essere irrigate. E il passaggio del testimone continuerà ad essere il segno di un futuro che desideriamo ancora costruire insieme.

Sr. Francesca Barbanera
Referente Nazionale PGS – FMA