Ai playoff di Nba i Milwaukee Bucks vengono eliminati a sorpresa. Alla conferenza stampa, a spiegare il passo falso clamoroso, si presenta Giannis Antetokounmpo e in pochi minuti regala una lezione sul vero senso dello sport e sulla crescita dell’atleta.
Una sconfitta di quelle che bruciano e che lasciano l’amaro in bocca a lungo, quella incassata dai Bucks, alla quale però le parole di Giannis Antetokounmpo, “The Greek Freak", danno una lettura diversa, che allontana dal risultato e riporta indietro fino all’essenza dello sport: un bellissimo gioco e una grande metafora della vita. Non sempre si vince e, anzi, di solito le cadute sono più numerose e frequenti dei successi, ma proprio in questo risiede il significato della crescita. La sconfitta è parte della vittoria, aiuta a migliorare se stessi e i propri risultati. E allora, in questo quadro, non può esistere il fallimento ma solo un fine più grande.
Antetokounmpo lo spiega così, quasi dandolo per scontato: “Perché mi chiedete se è un fallimento? Nello sport non si può sempre vincere: perdere è il passaggio necessario per arrivare al successo”.
La sua risposta è piuttosto risentita, i gesti e la postura tradiscono la frustrazione di fronte a domande che traggono conclusioni concentrandosi sul singolo risultato, senza guardare oltre e, soprattutto, senza ricordare che l’atleta è un essere umano, non una macchina progettata per la vittoria su cui accanirsi quando qualcosa “si rompe”.
“Mi hai fatto la stessa domanda lo scorso anno, Eric – ribatte al giornalista - Per caso tu ricevi una promozione ogni anno nel tuo lavoro? Non credo, quindi consideri il tuo lavoro un fallimento ogni volta che non accade? Non credo. Ma ti impegni per ottenere altri risultati, per prenderti cura dei tuoi cari, per comprare una casa e altre cose. Non è un fallimento, è un passaggio necessario per provare a vincere”. Citazione d’obbligo per Michael Jordan, che in 15 anni di NBA ha vinto 6 titoli. “Gli altri nove anni sono stati un fallimento per caso? Mi state davvero dicendo questo?”.
E poi la lezione di vita che tutti dovremmo trasmettere ai giovani atleti che abbiamo di fronte, cuori da crescere e anime da alimentare con buoni esempi: “Dovete capire che nello sport non esiste la logica del fallimento. Esistono giorni buoni e altri pessimi. A volte riesci a vincere e a volte no. Ci sono momenti in cui capisci che è il tuo turno e altri in cui invece devi farti da parte. Questa è la logica base dello sport, non si può vincere sempre”.
Non soltanto una lezione di sportività, ma di vita. Non esiste una strada costellata di successi, ma soltanto strade che portano alla meta dopo aver superato ostacoli e sfide. La vittoria non è allora soltanto il risultato finale ma la conquista dell’atteggiamento del vero campione: accettare il gioco, tentare di superare ogni avversità senza paragonarsi ad altri e saper accogliere la sconfitta, trasformandola in nuova motivazione.
Giannis Antetokounmpo non è nuovo a simili affermazioni. La sua storia personale lo rende lo stereotipo perfetto del riscatto e della trasformazione e lui in ogni occasione mostra di non dimenticare mai le proprie radici, chi gli ha dato un futuro e il duro lavoro per arrivare sul tetto del mondo. Memorabile anche lo speech agli NBA Awards del 2019, quando emozionatissimo ritira il Most Valuable Player Award.
Nato ad Atene nel 1994, Antetokounmpo è di origine nigeriana e resta privo della cittadinanza fino ai 18 anni. Per aiutare la famiglia in difficoltà durante l’adolescenza fa l’ambulante insieme ai due fratelli, vendendo ai passanti merci di dubbia provenienza, ben consapevole di essere ai margini della società e altrettanto consapevole di dover trovare ogni giorno una soluzione per vivere. Intanto si allena, si allena, si allena.
Quando la passione per il basket lo porta ad essere notato dagli scout, il primo pensiero è assicurare un pasto anche alla sua famiglia. Entra nel settore giovanile del Filathlitikos. A 18 anni arriva agli spagnoli del CAI Zaragoza e in brevissimo tempo si ritrova in NBA con i Milwaukee Bucks. Un talento in crescita, che nel porta i Bucks a vincere il primo titolo. Per trasferirsi negli States vuole la garanzia di poter portare con sé la sua famiglia, fissando condizioni chiare e, in cambio, allenandosi senza sosta come ha sempre fatto. La sua vittoria è la sua progressione verso la grandezza, con miglioramenti evidenti anno dopo anno che gli hanno fatto guadagnare di diritto un posto nell’Olimpo.
Anna Tita Gallo