Luigi Malabrocca: Arrivare Ultimi Per Passare Alla Storia

Luigi Malabrocca corre all’epoca di Coppi e Bartali, impossibile arrivare primo. Essere ultimo per scelta e diventare la maglia nera per eccellenza lo renderà indimenticabile.

La storia di Luigi Malabrocca sembra inventata, sembra una commedia, uno scherzo. Il “Cinese” – il soprannome deriva dalla forma dei suoi occhi – non viene ricordato per le sue performance sportive né il suo nome comparirà mai tra quelli dei vincitori. Il motivo per cui è passato alla storia è il più schiacciante di tutti: l’originalità.

Pedalare contro la fame

Luigi Malabrocca nasce a Tortona (Al) nel 1920 e diventa ciclista in un’epoca in cui pedalare era faticosissimo: le biciclette non erano certo quelle di oggi e le strade presentavano insidie ad ogni metro. Spesso, come nel caso di Malabrocca, non si pedalava per la gloria ma per i premi che si riscuotevano durante le tappe. Non era solo il denaro ad attirare i ciclisti ma anche il cibo e qualsiasi cosa potesse poi essere portato in tavola, aiutando famiglie intere a risalire dal baratro della povertà almeno per qualche settimana. La fatica era nulla in confronto a morire di fame. 
Per ottenere un premio non occorreva vincere, bastava conquistare un buon piazzamento oppure i traguardi a premio nelle singole tappe. Questa almeno era la strategia tradizionale, poi c’era la strategia di Malabrocca.

Quell’irresistibile ultimo della classe

Malabrocca si rende conto ben presto di non poter competere con i giganti dell’epoca – i Coppi e i Bartali – così decide di puntare direttamente ai premi intermedi e, in molti casi, all’ultimo posto. 
Durante il Giro d’Italia del 1946, il giro della Rinascita dopo la guerra, sperimenta in fretta la convenienza di arrivare ultimo. Chiuderà infatti il Giro ultimo e soddisfatto, in 40 esima posizione, a 4 ore, 9 minuti e 44 secondi da Bartali con circa 140 km di distacco.
Durante una tappa accade un evento incredibile. Compare infatti al traguardo dopo tutti gli altri ciclisti ma in serata bussa alla porta del suo albergo un pastore con un agnello al seguito, sostenendo di essere l’ultimo nato in famiglia e di comprendere bene la sensazione di miseria dell’“ultimo arrivato” senza nulla a disposizione.
Malabrocca guadagna così un agnello intero e capisce l’antifona. Arriva ultimo sistematicamente e riceve doni su doni dalle mani generose di tanti italiani mossi dall’empatia (e dalla simpatia) che l’eterno ultimo suscita inevitabilmente in qualsiasi situazione.
La verità è che l’ultimo in classifica ottiene vantaggi che i ciclisti di metà classifica non hanno. Un piazzamento discreto è un doppio fallimento: significa essere un nome tra tanti mediocri che non brillano e significa far fatica per finire in una posizione che non corrisponde a premi ufficiali. La fama di chi arriva sempre ultimo è invece una calamita per gli italiani che seguono il Giro. Perché allora non fare di tutto per arrivare ultimi? La storia prosegue proprio così.

Arrivare ultimo e passare alla storia

Malabrocca mette in atto un piano imbattibile. Arrivare primo davanti a Coppi e Bartali sarebbe comunque impossibile, è quindi il caso di trovare un modo di “sparire” misteriosamente durante le gare per poi ricomparire ultimo al traguardo, con tutto il clamore che ciò suscita… Si ferma a dormire in campi desolati, si nasconde in bar e fienili e alla fine arriva sempre ultimo senza far scoprire che le sue soste sono ben programmate. Le strade dissestate, le cadute e gli intoppi frequenti in quel periodo storico lo aiutano ad imbastire giustificazioni credibili per il proprio ritardo cronico. Quando non arriva ultimo è perché concorda con altri ciclisti di sostenersi a vicenda per conquistare premi da dividere.

Tutti parlano di Malabrocca, tutti sostengono quel povero corridore che, non si sa come, arriva sempre ultimo, lo sostengono mentalmente e soprattutto materialmente, visto che i doni si moltiplicano tappa dopo tappa.
Le storie sportive spesso si soffermano solo su atleti dal talento straordinario e dalle vite travagliate, che riescono a conquistare il podio dopo imprese eroiche. La storia di Luigi Malabrocca incarna l’arte di arrangiarsi tipica di quel periodo, l’approccio di chi resta con i piedi per terra e sa di non poter competere quando i migliori sono eroi. “Problem solving”, potremmo dire. È la storia di un personaggio apparentemente secondario nello sviluppo della trama ma che rende oggi anche la “maglia nera” un simbolo degno di essere narrato.
Esistono infiniti modi di essere unici, ogni individuo ha in sé gli strumenti per esserlo. Vale la pena di raccontare questa storia a tutti i giovani atleti che forse non saranno mai primi in classifica ma, non per questo, saranno destinati ad un destino privo di successi e di gloria personale.

 

Anna Tita Gallo