Di Gianluca Pace
Un momento di particolare forza e condivisione del convegno “Scommettiamo sullo sport che educa” – appuntamento conclusivo di PGS Abracadabra – sono stati i laboratori tematici.
I partecipanti si sono suddivisi in sei gruppi di lavoro, ognuno dei quali ha visto la presenza di circa 15-20 persone, compreso uno staff di 3-4 coordinatori che hanno svolto le funzioni di relazione iniziale, facilitazione e sintesi. I laboratori erano incentrati sulla connessione fra Sport e: “Protagonismo giovanile”, “Creare rete per fare sport insieme”, “Relazione educativa”, “Racconti di vita (comunicazione digitale e tramite social”), “Alimentazione”, “Inclusione, integrazione, marginalità”.
Come sintetizza Guido Ghirelli, psicologo dello sport e formatore di Sport e Salute, al centro delle diverse riflessioni sono emersi gli elementi distintivi dello “stile PGS”, i rischi e le possibilità di replicabilità a livello territoriale.
Stile emerso come un approccio educativo basato su passione, amorevolezza e crescita condivisa tra educatori e giovani. Uno stile che valorizza le differenze, promuove l’impegno attivo e richiede strutture adeguate, risorse, professionalità e capacità di fare squadra.
Nel laboratorio “Relazione educativa” è stata evidenziata l’importanza della “relazione preventiva” (ragione, amorevolezza, spiritualità) e del gioco libero come spazio di autonomia. Il gruppo di lavoro “Racconti di vita” ha sottolineato il valore di una comunicazione autentica e coerente. Quello “Alimentazione” ha proposto una riflessione sul legame tra corpo, spirito e cibo, mentre il gruppo “Inclusione” ha richiamato la necessità di mentalità aperta e competenze umane e sportive.
Non sono mancati i nodi critici: difficoltà nel coinvolgere le famiglie, accesso limitato a spazi e strutture, perdita di luoghi informali di aggregazione, isolamento digitale e rigidità delle reti istituzionali. I laboratori hanno ribadito l’urgenza di dare continuità alle esperienze attraverso lo scambio di buone pratiche, la creazione di un database nazionale e il potenziamento della formazione.
Il gruppo “Relazione educativa” ha proposto reti territoriali di gioco, campi estivi liberi, laboratori media, ritiri con genitori e formazione specifica per educatori. “Racconti di vita” ha sottolineato l’importanza di una narrazione che renda riconoscibile l’identità PGS.
Grazie al lavoro di gruppo all’interno di questi laboratori, il convegno ha lasciato un segno per il clima autentico di condivisione. Le parole del presidente nazionale PGS Ciro Bisogno lo hanno sintetizzato: “La progettazione ci insegna a costruire ponti tra generazioni, territori, sport e vita”.
Nel corso del Laboratorio su “Sport e Protagonismo giovanile”, infine, i partecipanti hanno provato, con il supporto sperimentale e guidato dell’intelligenza artificiale, a raccontare la sintesi del gruppo come una telecronaca sportiva. Ecco il risultato, che ben esprime e riassume molti dei contenuti e delle emozioni emerse nei laboratori:
“Signore e signori, allacciate le cinture! Si viaggia nel cuore del PGS-style. Oggi in quel di Cattolica scendono in campo realtà che arrivano da Modica alla rete di Tchoukball per finire con spazi di idee nelle scuole della Romagna. Passando da Empoli a Parma con la pallavolo, fino al lungo viaggio inclusivo verso la Calabria.
C’è un’unica energia su tutti i fronti. La passione che accende i giochi. L’entusiasmo dei giovani, i veri protagonisti che volano. Vediamo la crescita, un gioco di squadra che va oltre la geografia! Proposte adatte a ognuno, qui non si lascia indietro nessuno.
Certo, qualche tackle duro, c’è. Gestire le famiglie, il loro coinvolgimento… a volte è veramente duro, ma ci sta, nella partita ci sta.
Comunque, qui a Cattolica si guarda avanti. Per replicare serve professionalità, risorse, il “gruppo giusto” in campo. È il nostro PGS-style. Una vittoria continua, un gol per l’inclusione.
Rimanete connessi, l’emozione non finisce qui!”
A chiusura, idealmente, la lettera immaginaria di Don Bosco: “Non temete i tempi che cambiano. Siate testimoni, non solo insegnanti. Usate gioco, sport, tecnologie come strumenti educativi. E soprattutto: fatevi amare. Educare è dire a un ragazzo: Tu vali”.
Foto Fabio Lerario