Tra gli sport olimpici emergenti che potrebbero debuttare ai prossimi Giochi fa capolino il korfball. Sconosciuto per qualcuno, nasce nel 1902 e si distingue per una propensione innata all’inclusività
Durante un corso estivo in Svezia, l’insegnante Nico Broekhuysen, olandese, fu catturato da un gioco particolare, che una volta tornato ad Amsterdam trasformò in korfball. La sua idea era quella di uno sport da giocare all’aperto, in cui le due squadre che si fronteggiano sono miste. Era il 1902. La nuova disciplina conquistò interesse crescente e nacque presto l’Associazione Korfball olandese. Intanto il korfball (pallacesto in italiano) si diffuse nel resto dei Paesi Bassi e nei territori coloniali. Nei decenni successivi, soprattutto negli Anni Settanta, il korfball crebbe moltissimo e si moltiplicarono le federazioni nazionali in vari Paesi. Nel 1978 si disputò il primo campionato mondiale di korfball IKF. Con il tempo nacquero tornei giovanili e campionati continentali e la fama del korfball percorse il globo da un punto all’altro.
Si parla ora di includere il korfball tra le discipline olimpiche ai Giochi australiani del 2032; sarebbe un grande ritorno, visto che ad Anversa nel 1920 il korfball era tra le discipline dimostrative. L’Italia è al 48esimo posto nel ranking mondiale, mentre i più forti sono, neanche a dirlo, gli olandesi. Seguono Belgio, Taipei, Germania e Cina.
Al di là della storia di questo sport relativamente giovane, è interessante la sua propensione innata all’inclusività che perdura nel tempo aprendosi a nuovi target. Il korfball si gioca su un campo rettangolare, in cui i giocatori devono riuscire a lanciare la palla dentro un korf (da qui il paragone con il basket). L’anello è in cima ad un palo, ad un’altezza che supera i 3,5 metri di altezza. Le squadre sono composte da otto giocatori. I giocatori si dividono in due zone, attacco e difesa, ognuna composta da due uomini e due donne. Si possono marcare solo giocatori dello stesso sesso. Ogni korf vale un punto, dopo due korf consecutivi i ruoli si scambiano. Non si può schiacciare, non esistono i tiri da due.
Esiste una sola nazionale per Paese, mista. E c’è una novità. La Ikf sta pensando di istituire una categoria “open”: quattro posizioni rimarrebbero alle atlete nate femmine, mentre le altre quattro appunto sarebbero aperte e valide anche per le donne transgender. Una novità importante non soltanto a livello di composizione delle squadre. Permetterebbe infatti di superare le questioni ben note legate al livello del testosterone delle atlete trans, che in questo modo non sarebbero costrette a dover abbassare tale livello per partecipare alle competizioni, come accade in altre discipline. Se ne riparlerà. Resta comunque la certezza che il piccolo-grande korfball sta affrontando questo tema spinoso con concretezza, al punto di voler rivedere il proprio regolamento in chiave ancora più inclusiva. E guai a chiamarlo “sport di nicchia”: in Olanda un atleta guadagna anche attorno a 3.500 euro al mese.
Anna Tita Gallo