Lo sport, oggi più che mai, deve vincere la sfida di strappare i più giovani ad altre distrazioni: social network, app, videogame, abbuffate di serie tv, pigrizia. Occorrono nuove strategie per i coach che, volenti o nolenti, appartengono a generazioni precedenti e devono ora trovare una chiave di volta. Eppure un trucco c’è.
Più engagement, più interesse, più atleti
Per iniziare a svelare questo trucco prendiamo in prestito un termine che deriva dal mondo del Web che tanto piace ai ragazzi: “Engagement”. Il termine in sé ha una traduzione molto semplice ma che racconta tutto. “Coinvolgimento”. Ebbene sì, il trucco è coinvolgere… ma come? Negli ultimi anni questo termine ha indicato, in particolare, la capacità delle aziende e dei brand di generare attrazione online e sui social network, di essere calamite. Engagement è la somma dei like, dei commenti e di tutte le interazioni che vengono ottenuti da un contenuto online. Perché ci è utile? Perché i giovanissimi sono attirati maggiormente dalla pratica sportiva se questa li fa sentire coinvolti ed impegnati. In fin dei conti, non è tanto diverso rispetto al passato, ma oggi il primo passo – attirare, appunto – è più complicato di una volta, quando passare i pomeriggi in oratorio o a giocare per strada era consuetudine e il passaggio alla pratica sportiva aveva meno intermediari, meno filtri, meno barriere (mentali in primis).
Oggi le società sportive si scontrano con la necessità di doversi “vendere”, di dover emergere con i loro messaggi e il loro appeal in una giungla di distrazioni e contenuti. Proprio come le aziende. E allora ecco che entra in gioco la comunicazione. I potenziali atleti sono un target, le società sono aziende particolari che devono posizionare il loro prodotto sul mercato. Per guadagnarsi l’entrata nel team di nuovi atleti occorre comprenderne le caratteristiche, il linguaggio, i gusti, i bisogni, le richieste. Occorre conoscerli. Non c’è engagement senza conoscenza del destinatario, del suo modo di interagire, del suo codice e delle sue aspettative.
Generazione Z, valori e social network
In Italia oggi, su 59,25 milioni di persone, 54,80 milioni di persone hanno accesso ad Internet (92%) e 35 milioni sono attive sui social network (59%). In media passano 6 ore e 4 minuti del proprio tempo giornaliero online. Sui social passano in media 1 ora e 51 minuti al giorno e solo l’11% passa del tempo sui social per lavoro. Facebook, Facebook Messenger e Instagram fanno però breccia soprattutto sugli utenti dai 25 ai 54 anni di età. [dati Global Report Digital 2018, WeAreSocial].
Alt. Ma i giovanissimi che fine hanno fatto? Ce lo dicono altri studi, che ci forniscono anche altre sfumature sulla generazione che ci interessa, la Gen Z.
La Generazione Z è composta dai giovani nati tra il 1995 e il 2010. Sono nativi digitali, quando sono nati Internet esisteva e non hanno mai conosciuto un mondo diverso. Vivono le loro interazioni attraverso gli schermi e i dispositivi, soprattutto mobile, e non fanno alcuna distinzione tra vita online e reale, è tutta vita vera. Reperiscono informazioni da moltissime fonti, online e offline, senza assolutamente cogliere questo gap, in un mondo che ha ormai messo a fuoco l’integrazione tra i vari canali di comunicazione. Per la Gen Z i social network sono il Webstesso, non una sua parte, e usano i social come motori di ricerca, per trovare informazioni, prodotti, storie, consigli, per imparare, per tutto e non soltanto per tenersi in contatto con gli amici o condividere spunti interessanti.
Come attirare verso lo sport questa generazione, dunque? Imparando a conoscerne i tratti. E ci stupirà, se abbandoniamo i pregiudizi. La Generazione Z è perennemente alla ricerca della verità. Detesta le etichette, si mobilita per una varietà di cause a cui tiene in maniera viscerale (l’ambiente, l’accoglienza, il rispetto, la costruzione di un mondo migliore). Crede profondamente nelle virtù del dialogo e della mediazione, non ama i conflitti, prende decisioni in maniera molto pragmatica ed analitica. Ecco perché la chiamano anche “True Gen”. Rispetto alla generazione che l’ha preceduta, quella dei tanto citati Millennials, la Gen Z non è nata in un’era di prosperità economica, non è altrettanto sognatrice e portata all’individualismo (lo dimostra la tendenza delle grandi aziende ad offrire la possibilità di personalizzare i prodotti). La Gen Z mette l’accento sull’etica quando si parla di consumi e pratiche. E’ evidente che dialogare con questa generazione necessita di una riflessione profonda sull’approccio. Ma abbandoniamo i pregiudizi, dicevamo.
Avere in testa valori chiari, lavorare sodo, darsi delle regole: questo piace alla Generazione Z… non è forse tutto presente – almeno idealmente - nello sport? Non a caso, questa generazione si appassiona particolarmente non tanto agli sport tradizionali o mainstream, da guardare davanti alla tv, ma a quelli minori o estremi, quelli che più richiedono un superamento dei limiti, dalla corsa ad ostacoli al CrossFit.
Generazione nuova, contenuti nuovi
Il GlobalWebIndex ci fornisce dettagli preziosi: la Generazione Z è quella che spende più tempo sui social media - 2 ore e 55 minuti al giorno in media – ma usa soprattutto YouTube (89%). Al di là dei dati, che variano leggermente da uno studio all’altro in base al campione, siamo di fronte ad una delle principali spiegazioni del declino degli sport tradizionali. La Gen Z passa ore a guardare video, ma soltanto a piccoli spezzoni. Non si sognerebbe mai di guardare sul divano un intero evento sportivo o di sospendere altre attività per guardarlo in diretta. Chiede contenuti sempre aggiornati, freschi, accattivanti. E affidabili. I giovanissimi tendono infatti a condividere contenuti di amici o di persone che conoscono direttamente, più che di brand o istituzioni.
Cambia, dunque, il tipo di relazione da instaurare. Il ruolo dei coach è – oggi come ieri – non quello dei genitori né quello degli insegnanti, ma di persone “vicine”, il cui parere conta. Persone che utilizzano contenuti per costruire una narrazione dello sport non solo epica ma accattivante, che crea engagement, che si presta ad essere ricondivisa, ripostata perché brillante, moderna.
Anna Tita Gallo